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Ferro 3. La casa vuota
di Kim Ki-Duk
Con Hee Jae, Seung-Yeon Lee, Hyuk-Ho Kwon, Jin-Mo Joo
Anno: 2004
Durata: 90 min.
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Un film pieno di poesia che ci parla dell'amore.

Tae-Suk è un giovane che entra di nascosto nelle case degli altri, quando i proprietari sono via. Tae-Suk non è un ladro: abita le case fino al ritorno dei proprietari, ma non ruba niente. Anzi: fa il bucato, mette in ordine, ripara gli oggetti rotti. Un giorno, in una casa, trova Sun-Hwa, la giovane moglie di un uomo volgare e violento. Tae-Suk la porta via con sé, per girare insieme nelle case degli altri. I due si innamorano. Una disgrazia li allontanerà, ma per poco.

Kim Ki-Duk ci parla dell'amore. Ma lo fa senza dialoghi. Infatti, i due protagonisti non parlano mai. In realtà, verso la fine del film, Sun-Hwa dice due brevi frasi (una è: "Ti amo"). Per il resto del film, tra i due amanti non c'è dialogo. Il loro amore è raccontato dai movimenti, dagli sguardi, dai gesti quotidiani. Kim Ki-Duk ci mostra che le parole non sono essenziali per amare. Perché l'amore conosce anche altri linguaggi.

E poi le parole sono spesso sbagliate, volgari o violente. Perché gli uomini non le sanno usare. Allora è molto meglio il silenzio. Perché il silenzio non mente. Infatti, se due persone hanno un rapporto vero, sanno stare insieme anche in silenzio.

Kim Ki-Duk ci parla anche della solitudine dell'uomo moderno. Viviamo nell'epoca della comunicazione: le nostre case sono piene di oggetti per comunicare. Nonostante ciò, le nostre città sono luoghi di solitudine. Perché, in realtà, siamo travolti da una marea di comunicazioni inutili o sbagliate. Nessuno sa più ascoltare e poi comunicare secondo i bisogni dell'altro.

E la solitudine ci rende violenti. Anche se non lo vogliamo. Succede perfino a Tae-Suk. Infatti, con la sua mazza da golf (lo sport che egli ama), uccide una donna innocente. A proposito: il film prende il nome dal tipo di mazza che Tae-Suk porta con sé.

Insomma: per Kim Ki-Duk, la nostra società è falsa. Abbiamo il benessere materiale, ma non quello spirituale. Cioè: siamo ricchi ma infelici. Forse è per questo che il protagonista abita le case degli altri e non una sua. Perché, se ne avesse una sua, sarebbe schiacciato dalle responsabilità che una casa comporta. Dovrebbe cioè smettere d'essere un fantasma. Dovrebbe entrare nella società e accettarne le regole. Ma ciò non rende felici.

Kim Ki-Duk denuncia anche la pigrizia mentale degli uomini. Gli uomini vedono solo ciò che hanno davanti al naso. Pochi sanno vedere oltre. Uno di questi è proprio Tae-Suk. Non a caso, finito in prigione con una falsa accusa, fa esercizi per «diventare invisibile». Cioè: studia una tecnica per stare tra le persone senza che s'accorgano della sua presenza. Tae-Suk non s'accontenta solo di ciò che ha davanti al naso: impara addirittura un nuovo modo di esistere.

Il film termina con una frase scritta: "Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia realtà o sogno". Tae-Suk, evaso di prigione, raggiunge
Sun-Hwa nella casa dove è tornata a vivere con il marito. Grazie alla capacità di muoversi tra la gente senza farsi vedere, egli vivrà d'ora in poi in quella casa, vicino a Tae-Suk e invisibile al marito. È un finale a metà tra realtà e fiaba. E la frase scritta lo sottolinea. Ma per Kim
Ki-Duk non importa se il finale è reale o no. Ciò che importa è farci capire che l'amore è un bisogno umano così forte che possiamo addirittura ricostruire l'immagine della persona amata nella nostra mente e crederla reale. Forse, è proprio ciò che ha fatto Sun-Hwa.

Bellissima la scena finale, quella prima che compaia la scritta. I due amanti salgono su una bilancia, ma l'ago non si sposta dallo zero. L'amore ha il potere di renderci leggeri leggeri.

     
 
 
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