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Lettere da Iwo Jima
di Clint Eastwood
Con K. Watanabe, K. Ninomiya, S. Nakamura, T. Ihara, R. Kase
Anno: 2006
Durata: 142 min.
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Un ottimo film che ci mostra la guerra vista con gli occhi del nemico. Infatti, Eastwood ci racconta la stessa battaglia che ci ha raccontato in Flags of our fathers, ma dal punto di vista opposto. Cioè: non più dal punto di vista dei suoi connazionali, gli Americani, ma da quello dei loro nemici, i Giapponesi.
Febbraio 1945. La Seconda guerra mondiale infuria nell'Oceano Pacifico. Gli Americani conquistano Iwo Jima, un'isola in mano ai Giapponesi. Nel 2005, vengono trovate sull'isola alcune lettere mai spedite dei soldati giapponesi. Eastwood usa le parole di quelle lettere per raccontarci quei giorni di battaglia.
Eastwood ci mostra che i soldati giapponesi non erano diversi da quelli americani. Infatti, anche i Giapponesi aveno madri, mogli e figli ad aspettarli a casa. Anche i soldati giapponesi non erano eroi: avevano paura della morte, come quelli americani. E, come gli Americani, anche i Giapponesi erano capaci di coraggio e umanità o di vigliaccheria e crudeltà. Insomma: i soldati giapponesi erano uomini, con i loro pregi e difetti. Proprio come i soldati americani.
Con ciò, Estwood dimostra che in guerra non esistono «i buoni» e «i cattivi». Al limite, esistono cause giuste e cause sbagliate. Ma il nemico che ci spara addosso è un povero disgraziato che, come noi, è stato costretto ad andare in guerra.
Perciò, il nostro odio per il nemico nasce dall'ignoranza. Infatti, se conoscessimo il nostro nemico, vedremmo che è un uomo come noi e non lo odieremmo. Come succede al generale giapponese Kuribayashi e a un suo ufficiale, Nishi. Entrambi sono stati in America e hanno visto che gli Americani sono uomini con pregi e difetti, proprio come i Giapponesi. Perciò, anche se li combattono, non li odiano.
È la propaganda giapponese a creare questa ignoranza. Non a caso, un soldato giapponese dirà: "Non so niente del nemico". Aggiungerà anzi: "Mi hanno insegnato che gli Americani sono selvaggi". È una bugia di ogni propaganda, non solo di quella giapponese. La propaganda insegna che il nemico è il male. Così, i soldati lo odiano e combattono in modo più feroce.
Eastwood ci mostra poi che la propaganda nega la realtà. Infatti, la propaganda giapponese nega che il Giappone ha oramai perso la guerra. Quante vite si sarebbero salvate se il governo giapponese fosse stato più umano?
Il film ci mostra i vari atteggiamenti possibili dell'uomo in guerra. Kuribayashi e Nishi combattono per senso del dovere verso la patria, per responsabilità verso i loro soldati e per onore personale. Anche se sanno che la battaglia è persa in partenza, perché gli Americani sono più numerosi e meglio armati. Altri ufficiali e soldati combattono invece per fanatismo. Hanno cioè una fede cieca, eccessiva, non razionale nella patria. Molti di questi soldati preferiscono addirittura il suicidio alla resa. Altri soldati, che non vogliono morire in modo così inutile, scelgono invece di arrendersi.
Lettere da Iwo Jima non è un film pacifista. Cioè: non è un film che condanna la guerra, ogni guerra. Infatti, in nessun punto del film Eastwood ci dice che la guerra è inutile. Perché, per Eastwood, ci sono guerre che sono inevitabili e giuste. Come lo fu quella dell'America contro il Giappone. L'intento di Eastwood è perciò un altro: mostrarci che il nemico ci assomiglia. E che la guerra (giusta o sbagliata che sia) porta orrore e morte.
I colori della pellicola sono sbiaditi: il film è quasi in bianco e nero. Eastwood vuole che il suo film assomigli a quelli che, in quegli anni, erano girati durante le battaglie per avere un documento dei fatti.
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